mercoledì 25 novembre 2009

Traduttori traditori

Articolo sulle traduzioni di libri giapponesi pubblicato dalla rivista "LG Argomenti".

Cfr. Cristiano Martorella, Traditori del Sol Levante, in "LG Argomenti", n.2, anno XXXVIII, aprile-giugno 2002, pp.20-22.

Traditori del Sol Levante
di Cristiano Martorella

Traduttore traditore. Il famoso detto ha una versione anche nel lontano arcipelago giapponese: hon'yakusha wa uragirimono. Evidentemente è un giudizio condiviso da molti se ha una perfetta corrispondenza perfino in Giappone. Sembra che soltanto il filosofo americano Donald Davidson creda che sia possibile una traduzione radicale che non comporti perdite semantiche (1). Ma la sua posizione teorica (formale ed estremamente astratta) non è condivisa dai traduttori che si sentono sempre un po' traditori. E ciò vale a maggior ragione per i traduttori italiani dei testi giapponesi.
Scrivere un articolo sulle traduzioni italiane dei libri giapponesi di letteratura per l'infanzia è estremamente agevole. Infatti sono stati pubblicati pochissimi titoli (2). Nelle collane per ragazzi ci sono i seguenti titoli: Allarme! Allarme! di Miyazawa Kenji, In una notte di temporale di Kimura Yuichi, Il lampo di Hiroshima di Maruki Toshi, Il bucato della famiglia topini di Iwamura Kazuo, Lettere a mia madre di Hatano Isoko e Ichiro, Il pianeta dei delfini di Yo Shomei. Esistono altri importanti testi di letteratura giapponese per l'infanzia, inclusi però in collane che non sono rivolte ai bambini e ai ragazzi: Una notte sul treno della Via Lattea (Ginga tetsudo no yoru) e Il violoncellista Goshu (Sero hiki no Goshu) di Miyazawa Kenji, Racconti fantastici e Kappa di Akutagawa Ryunosuke.
Si tratta di uno scarso numero di libri del tutto insufficienti per capire la ricchezza e vastità della letteratura giapponese per l'infanzia (3). La scarsità dei testi tradotti ci impedisce di sviluppare un discorso articolato. Possiamo però segnalare il pessimo vizio degli editor, oppure dei curatori delle collane, che cambiano e alterano i titoli e addirittura i testi originali, spesso contro la volontà dei traduttori. Altre volte sono i traduttori stessi a cercare formule più semplici e banali che rendano i testi appetibili. Insomma, si fa a gara nel tradire l'autore.
Un esempio è costituito da Allarme! Allarme! di Miyazawa, pubblicato da Giunti. Il titolo originale era Asa ni tsuite no dowa teki kozu, ossia Una favola di una mattinata. Il titolo era indicativo e caratteristico, intimamente collegato alla vicenda narrata. A causa di una improvvisa e breve pioggia mattutina un fungo cresce inaspettato gettando nel panico le formiche. Ma l'allarme si rivelerà presto infondato. Come era apparso, così il fungo sparisce cadendo e disfacendosi. La morale è semplice. In un attimo anche le cose apparentemente più grandi possono dissolversi. Si tratta del noto principio buddhista dell'impermanenza. Dunque, il breve arco temporale del mattino è fondamentale perché raccoglie in sé il divenire incessante delle cose. L'universo può essere colto in un attimo attraverso la consapevolezza dell'impermanenza.
Certamente non ci attendiamo dagli editori italiani che raggiungano l'illuminazione buddhista, ma una maggiore cautela sarebbe auspicabile. Spesso descriviamo la cultura giapponese come imperscrutabile, misteriosa e complessa. In realtà facciamo di tutto per renderla incomprensibile al di là di ogni aspettativa. A volte dimostriamo di non aver nessun interesse per chi è diverso e può insegnarci molto. L'altro è precostituito. Siamo noi a definirlo prima di conoscerlo. Ebbene, questo è lo stesso atteggiamento che si ha nei confronti della letteratura giapponese per l'infanzia. C'è poi il rischio, sempre paventato, che i bambini italiani siano contaminati da altre culture. Il sospetto nei confronti della civiltà giapponese è sempre alto. Tranne il caso eccezionale di Bruno Munari, un genio che però è in contrasto con la mediocrità attuale, nessun italiano ha mai elogiato i metodi pedagogici giapponesi (4). D'altronde sappiamo bene che Il Castello dei Bambini a Tokyo era stato scritto da Munari rivolgendosi ai marziani, l'unico vero destinatario del libro. Quando Munari afferma che si può imparare dai giapponesi, quando elogia la pedagogia giapponese, si sta ovviamente rivolgendo ai marziani. A parte l'ironia, le questioni insolute rimangono.
Ci sono due difficoltà principali da affrontare. Il problema maggiore è costituito dalla mancanza di critici italiani di letteratura giapponese per l'infanzia. Chi può esprimere una valutazione delle traduzioni italiane? Chi conosce i testi originali? Evidentemente l'arretratezza e il livello formativo scadente nel settore si manifestano con chiarezza. Nonostante il clamore e gli elogi delle riviste settoriali, le carenze sono ancora enormi. Un altro problema riguarda il fumetto e l'animazione giapponese (5). Generalmente i critici letterari hanno un atteggiamento di sufficienza, se non addirittura di disprezzo, nei confronti di fumetto e cartoon. Non solo è un comportamento scorretto, ma addirittura dannoso. Fumetti e cartoon sono l'estensione con altri mezzi della narrazione. Il critico letterario non può e non deve sottovalutare la continuità fra i generi narrativi. Le opere del maestro dell'animazione Miyazaki Hayao sono capolavori che meritano ampiamente l'appellativo di "letteratura disegnata". Il rapporto e la continuità fra questi generi devono essere studiati con oculatezza. Soprattutto nel caso giapponese che attinge a un'ampia tradizione ancora vivace.
Al momento attuale l'ignoranza della letteratura giapponese per l'infanzia contribuisce soltanto a enfatizzare ogni tipo di incomprensione. Non gridiamo poi allo scandalo quando l'incomprensione si tramuta in conflitto. Tradurre significa soprattutto capire, e per capire bisogna ascoltare l'altro (non supporre di conoscerlo già, o peggio, negarlo). In questo sventurato periodo storico siamo ancora capaci di ascoltare gli altri? Probabilmente questa è l'autentica e più difficile forma di flessibilità.

Note

1. La posizione filosofica di Davidson è centrale nel pensiero contemporaneo statunitense e la sua influenza sui linguisti è notevole. Cfr. Davidson, Donald, Verità e interpretazione, Il Mulino, Bologna, 1994. Esiste però il sospetto che Davidson sostenga una teoria che si poggia esclusivamente sull'esistenza di un pensiero unico omologante. Altrimenti è difficile comprendere da dove provengano tante astrazioni.
2. Per una verifica si consulti il database di Liber, l'aggiornato archivio bibliografico su cd-rom.
3. Una modesta introduzione a questo ricchissimo universo è stata però tentata. Cfr. Martorella, Cristiano, Introduzione alla letteratura giapponese per l'infanzia, in "LG Argomenti", n.3, anno XXXVII, luglio-settembre 2001, pp. 54-58.
4. Cfr. Munari, Bruno, Il Castello dei Bambini a Tokyo, Einaudi Ragazzi, Trieste, 1995.
5. Sulla questione degli adattamenti degli anime si consulti Marco Pellitteri. Anche se manca un discorso specifico sulle traduzioni, è comunque indicativo della situazione. Cfr. Pellitteri, Marco, Se paura fa rima con censura, in "Il Pepeverde", n. 10, 2001, pp. 38-43.

Bibliografia

Akutagawa, Ryunosuke, Kappa, trad. di Mario Teti, SE, Milano, 1992.
Akutagawa, Ryunosuke, Racconti fantastici, trad. di Cristiana Ceci, Marsilio, Venezia, 1995.
Kimura, Yuichi, In una notte di temporale, trad. di Paolo Volpato, Salani, Firenze, 1998.
Iwamura, Kazuo, Il bucato della famiglia topini, trad. di Suzuki Akane, Babalibri, Milano, 1999.
Hatano, Isoko e Ichiro, Lettere a mia madre, trad. di Luciano Tamburini, E. Elle, Trieste, 1994.
Maruki, Toshi, Il lampo di Hiroshima, trad. di Yamada Makiko, Perosini, Zevio, 1980.
Miyazawa, Kenji, Una notte sul treno della Via Lattea, trad. di Giorgio Amitrano, Marsilio, Venezia, 1994.
Miyazawa, Kenji, Allarme! Allarme!, trad. di Hiraishi Asako, Giunti, Firenze, 1994.
Miyazawa, Kenji, Il violoncellista Goshu, trad. di Muramatsu Mariko, La vita Felice, Milano, 1996.
Yo, Shomei, Il pianeta dei delfini, Il Punto d'Incontro, Vicenza, 1997.