giovedì 14 gennaio 2010

La filosofia del diverso

Articolo dedicato all'opera del filosofo Abe Masao pubblicato dal blog Discutiamo del Giappone [discutiamodelgiappone.blogspot.com].

Abe Masao, il filosofo della diversità
La logica del sokuhi come dialettica del cambiamento
di Cristiano Martorella

20 maggio 2008. In un'epoca che vede i pensatori occidentali arroccarsi sulla posizione conformista della condanna del relativismo culturale, considerato come la causa di tutti i mali della società contemporanea, la filosofia giapponese si presenta come una sfida audace. Fra gli autori che sostengono questa sfida, bisogna ricordare anche Abe Masao (1915-2006).
Abe Masao è stato professore emerito dell'Università di Nara, ed è considerato unanimemente come uno degli ultimi membri della cosiddetta Scuola di Kyoto, la più rappresentativa e originale scuola di pensiero del mondo accademico giapponese. Egli fu un bravo commentatore e divulgatore del lavoro di Nishida Kitaro. Inoltre recuperò i grandi classici buddhisti, come gli studi di Dogen, propendendo per una attualizzazione del buddhismo nell'ambito filosofico contemporaneo. Il testo più significativo e importante che scrisse fu Zen and Western Thought (1), un caposaldo della filosofia comparativa. L'opera di Abe Masao è il tentativo di mostrare i limiti della logica e del linguaggio attraverso la logica e il linguaggio stessi. Un paradosso che serve a delucidare il carattere illusorio della conoscenza. Tutto è illusione, compresa l'illusione di conoscere il carattere illusorio della realtà. Il nucleo centrale di questo pensiero è nella logica del sokuhi, una particolare logica giapponese basata sul principio del "è eppure non è". Secondo Suzuki Daisetsu, si può affermare dicendo che "a è a perché a non è a", in palese opposizione alla logica aristotelica che dice che "a è uguale a se stesso" (principio di identità). La formalizzazione (2) di tutto ciò nella logica simbolica è molto semplice:

a = a (principio di identità)
~ ( a ^ ~ a ) (principio di non-contraddizione)
a = a → a = ~ a (principio del sokuhi)

La logica occidentale non ha accettato pedissequamente i princìpi aristotelici, anzi li ha spesso contestati avvicinandosi piuttosto alle considerazioni dei maestri orientali (sostenitori di una logica più concreta e meno astratta). D'altronde per mantenere un'unità del pensiero occidentale, si sono nascoste le tante obiezioni dei pensatori più originali (3). David Hume, nel Trattato sulla natura umana (4), critica il principio di identità dicendo che non si può affermare che un oggetto sia identico a se stesso se non limitiamo il periodo di tempo stabilito. Inoltre Hume critica la possibilità di intendere l'identità come una relazione. Infatti dovrebbe essere una relazione di tipo molto particolare, ossia una relazione con se stesso. In questo modo non si distingue la relazione dal mero attributo di esistere. Ludwig Wittgenstein (5) fu altrettanto intransigente. Egli affermò che "dire di due cose che esse sono identiche è un non senso, e dire di una che essa è identica a se stessa non dice nulla" (Tractatus logico-philosophicus, par. 5.5303).
La filosofia giapponese non è però interessata alla confutazione del principio di identità. Essa sostiene qualcosa in più, qualcosa che è diverso. Il principio del sokuhi dichiara che l'identità esiste solo nella negazione. La parola sokuhi è composta da due kanji, il primo significa equivalenza, il secondo negazione. Secondo Abe Masao, le cose sono uguali perché sono diverse, e ciò accade perché esistono nel cambiamento. Tutto ciò che esiste lo è in quanto tale poiché diviene. Quindi esso "è eppure non è". La filosofia occidentale ha ignorato un aspetto dell'esistenza, ritenendo che l'identità non sia la differenza. Il sistema di pensiero della tradizione cristiano-giudaica è ostile alla diversità. La polarità di bene e male non è conciliabile, ovvero non c'è riconciliazione fra Dio e Satana. Il buddhismo non concepisce un'opposizione e un dualismo così assoluto ed esclusivo. Al contrario, sostiene il relativismo. Tutte le creature sono partecipi della natura di Buddha, e nessuno vi è escluso.
Abe Masao ricerca nel buddhismo le espressioni di ciò che indica la possibilità di attingere la non dualità (funi), e permetta quindi di superare la distinzione tra l'identità e la differenza. In termini religiosi, significa comprendere la propria natura di Buddha, capire che non c'è distinzione tra il soggetto e Buddha. Chi vede che Buddha è in ogni cosa è Buddha, e Buddha è in lui perché è in ogni cosa. Questo atto è un'esperienza che svela il carattere autentico della realtà, ovvero che essa è una cosa unica. Non esiste un oggetto separato dal mondo, bensì ciascun oggetto è compartecipe del mondo, esso stesso è il mondo. Per questo motivo l'identità da sola è un non senso. Gli oggetti esistono soltanto in virtù della relazione con gli altri oggetti. Esiste perché da solo non potrebbe esistere, dunque è altro da sé, è diverso.
Per quale motivo l'uomo comune non è capace di riconoscere la realtà così come abbiamo appena descritto? Dipende dai condizionamenti sociali che imbrigliano la mente umana e la rendono succube di una visione isolante, limitativa e inautentica. L'egocentrismo impedisce di vedere liberamente le cose così come sono. L'attaccamento all'ego tende a rafforzare l'idea di un'identità sempre uguale a se stessa. Eppure l'ego è una costruzione artificiale determinata dai ruoli sociali interpretati. La personalità, l'io, è un aggregato di corpo, sensazioni, pensieri, volontà e coscienza che presi isolatamente sono vuoti di contenuto. La consapevolezza del carattere illusorio dell'io è ciò che ci libera dai suoi condizionamenti, sia interni sia esterni. Tutto ciò che ha forma è illusione. E quando si vede che ogni forma è vuota, si riconosce il tutto che è il Buddha. Tutte le cose sono Buddha. L'identità è diversità, e la diversità è identità. In conclusione, soltanto attraverso questo tipo di relativismo (6) si può dissolvere l'inganno dei sensi e della mente. Rifiutare la diversità comporta inevitabilmente la crisi che conduce al conflitto.

Note

1. Cfr. Abe, Masao, Zen and Western Thought, University of Hawaii Press, Honolulu, 1985.
2. Per la formalizzazione si sono seguite le regole dei manuali adottati nei corsi di logica. Cfr. Marsonet, Michele, Logica e linguaggio, Pantograf, Genova, 1993; Agazzi, Evandro, La logica simbolica, La Scuola, Brescia, 1990. Per ulteriori approfondimenti: Quine, Willard Van Orman, Manuale di logica, Feltrinelli, Milano, 1968; Strawson, Peter Federick, Introduzione alla teoria logica. Einaudi, Torino, 1975; Carnap, Rudolf, Sintassi logica del linguaggio, Silva, Milano, 1961.
3. L'unità del pensiero occidentale corrisponde più spesso a un'esigenza politica. Sulle manipolazioni politiche della scienza si legga Paul Feyerabend. Cfr. Feyerabend, Paul, Ambiguità e armonia, Laterza, Roma-Bari, 1996; Feyerabend, Paul, Dialogo sul metodo, Laterza, Roma-Bari, 1993.
4. Cfr. Hume, David, Trattato sulla natura umana, Laterza, Roma-Bari, 1978.
5. Cfr. Wittgenstein, Ludwig, Tractatus logico-philosophicus, Einaudi, Torino, 1964. Per la convergenza del pensiero di Wittgenstein con lo zen si leggano i seguenti testi: Martorella, Cristiano, Affinità fra il buddhismo zen e la filosofia di Wittgenstein, in "Quaderni Asiatici", n.61, marzo 2003; Nakamura, Hajime, Wittgenstein ni okeru chinmoku, in Wittgenstein, "Gendaishiso", numero speciale Voll. 13-14, Seidosha, Tokyo, 1985.
6. Leonardo Vittorio Arena ha sottolineato l'importanza del lavoro di Abe Masao, sostenendo anche l'attualità della filosofia giapponese che enfatizza il relativismo culturale. Il Giappone ha dimostrato con la propria civiltà che è possibile qualcos'altro. Il capitolo su Abe Masao è in Arena, Leonardo Vittorio, Lo spirito del Giappone. La filosofia del Sol Levante dalle origini ai giorni nostri, Rizzoli, Milano, 2008, pp. 340-346 .

Bibliografia

Abe, Masao, Zen and Western Thought, University of Hawaii Press, Honolulu, 1985.
Abe, Masao, A Study of Dogen. His Philosophy and Religion, State University of New York Press, Albany (NY), 1991.
Abe, Masao, The Logic of Absolute Nothingness, as Expounded by Nishida Kitaro, in "The Eastern Buddhist", n.2, XXVIII, 1995.
Arena, Leonardo Vittorio, Lo spirito del Giappone. La filosofia del Sol Levante dalle origini ai giorni nostri, Rizzoli, Milano, 2008.
Arena, Leonardo Vittorio, Storia del buddhismo Ch'an, Arnoldo Mondadori, Milano, 1992.
Hoover, Thomas, La cultura zen, Arnoldo Mondadori, Milano, 1981.
Hume, David, Trattato sulla natura umana, Laterza, Roma-Bari, 1978.
Martorella, Cristiano, Gioco linguistico e satori, Relazione del corso di Filosofia del Linguaggio, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli Studi di Genova, 1999.
Martorella, Cristiano, La verità e il luogo, in "Diogene Filosofare Oggi", anno II, n. 4, giugno-agosto 2006.
Martorella, Cristiano, Il pluralismo del doppio, in "LG Argomenti", n.3, anno XXXVIII, luglio-settembre 2002.
Martorella, Cristiano, Affinità fra il buddhismo zen e la filosofia di Wittgenstein, in "Quaderni Asiatici", n.61, marzo 2003.
Nakagawa, Hisayasu, Introduzione alla cultura giapponese. Saggio di antropologia reciproca, Bruno Mondadori, Milano, 2006.
Nishida, Kitaro, Nishida Kitaro zenshu, Iwanami, Tokyo, 1966.
Nishida, Kitaro, La logica del luogo e la visione religiosa del mondo, L'Epos, Palermo, 2005.
Nishida, Kitaro, L'io e il tu, Unipress, Padova, 1997.
Nishida, Kitaro, Il corpo e la conoscenza, Cafoscarina, Venezia, 2001.
Nishida, Kitaro, Uno studio sul bene, Bollati Boringhieri, Torino, 2007.
Nishitani, Keiji, La religione e il nulla, Città Nuova, Roma, 2004.
Ueda, Shizuteru, Zen e filosofia, L'Epos, Palermo, 2006.
Vianello, Giancarlo, Messaggeri del nulla. La scuola di Kyoto in Europa, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006.
Wittgenstein, Ludwig, Tractatus logico-philosophicus, Einaudi, Torino, 1964.

domenica 10 gennaio 2010

Koku jieitai

Articolo sull'aeronautica militare giapponese pubblicato dal blog La storia del Giappone [lastoriadelgiappone.blogspot.com].

Koku jieitai
L'aeronautica giapponese dal dopoguerra a oggi
di Cristiano Martorella

10 gennaio 2010. La Forza Aerea di Autodifesa del Giappone (Japan Air Self Defense Force, JASDF), in giapponese Koku jieitai, nacque nel 1954 con assistenza e materiali americani. Inizialmente basata su aerei vetusti forniti dagli Stati Uniti, come il North American F-86 Sabre e il Lockheed T-33 Shooting Star, fu poi consolidata dalla produzione locale dei più moderni velivoli.
Negli anni '60 il caccia intercettore principale dell'aeronautica giapponese era il Lockheed F-104J Eiko. Gli F-104J, chiamati Eiko (Gloria) dai giapponesi, erano costruiti dalla Mitsubishi e dalla Kawasaki. Il primo reparto a ricevere gli intercettori F-104J fu il 201° Hikotai nel novembre 1962. Le versioni giapponesi dello Starfighter furono in totale 210 esemplari di F-104J e 20 del biposto F-104DJ. Il caccia intercettore F-104J Eiko era uno sviluppo del modello F-104G, ottimizzato per il combattimento aereo con il radar NASARR F-15-J31, il reattore J79-IHI-11A, e armato con quattro missili aria-aria Sidewinder.
La protezione aerea del Giappone era così affidata agli F-104J che avevano rispettabili prestazioni, con una velocità massima di 1845 km/h a 15000 m, che arrivava a Mach 2 in configurazione pulita, una velocità iniziale di salita di 254 m/s, e una quota di tangenza pratica di 15240 m.
Un aviogetto costruito localmente fu il progetto completamente nipponico dell'addestratore Fuji T-1 Hatsutaka, che volò per la prima volta l'8 gennaio 1958. Le industrie Fuji erano le eredi della fabbrica Nakajima (Nakajima Hikoki Kabushikigaisha), celebre per la costruzione dei migliori caccia, bombardieri e aerosiluranti usati nel conflitto mondiale. Il Fuji T-1F1 era un addestratore monoplano biposto con cabina pressurizzata, dotato di un apparato propulsivo costituito dal turboreattore nipponico Ishikawajima-Harima J3-IHI-3 da 1200 kg di spinta, sostituito da un modello J3-IHI-7 da 1400 sulla versione Fuji T-1F3. Le prestazioni di questo addestratore a getto erano soddisfacenti, con una velocità di 920 km/h, una tangenza operativa di 16000 m, e un'autonomia con serbatoi esterni di 1935 km. Ciò consentì che la maggior parte dei Fuji T-1 fossero ancora operativi negli anni '80, prima di essere sostituiti gradualmente da aviogetti più moderni.
Nel 1973 il Giappone ebbe in dotazione i primi McDonnell Douglas F-4EJ. Il pesante e potente cacciabombardiere F-4 Phantom fu utilizzato in Giappone per un totale di 140 esemplari. La McDonnell ne consegnò 10 esemplari, mentre 130 furono costruiti dalla Mitsubishi, la quale terminò la produzione nel 1981. La versione F-4EJ era una variante del tipo F-4E che poteva raggiungere una velocità di 2390 km/h o Mach 2,25. Dotato di un radar APQ-120, il McDonnell F-4E era armato con quattro missili aria-aria AIM-7 Sparrow a guida radar, e poteva montare sui piloni subalari anche missili aria-aria AIM-9 Sidewinder a guida infrarossa, mentre nel muso era installato un cannone a canne rotanti M61A1 da 20 mm.
Un altro velivolo di fabbricazione locale fu il cacciabombardiere Mitsubishi F-1 che volò la prima volta il 3 giugno 1975. Derivato dall'addestratore Mitsubishi T-2, il cui primo volo risale al luglio 1971, era ispirato al progetto francobritannico SEPECAT Jaguar. Il cacciabombardiere Mitsubishi F-1 era dotato di due turboreattori a doppio flusso Ishikawajima-Harima TF40-IHI-801A da 3570 kg di spinta ciascuno con postbruciatore, peso massimo di 13,6 t, velocità massima di 1700 km/h o Mach 1,6 e un'autonomia di 2595 km. L'armamento era costituito da un vasto arsenale di missili, bombe e razzi, fra cui il missile aria-superficie Mitsubishi ASM-1.
L'aeronautica militare giapponese fece un salto di qualità negli anni '80, quando i piloti ebbero la possibilità di ottenere il più avanzato caccia dell'epoca: il McDonnell Douglas F-15J Eagle. Le prestazioni di questo intercettore erano eccellenti, con una velocità massima di 2600 km/h, e un'autonomia massima di 4630 km, e un carico bellico di 7528 kg. Il Giappone realizzò un consistente programma basato sul potente e flessibile intercettore. Infatti furono costruiti su licenza, a partire dal 1980, un totale di 223 esemplari di F-15J. Il primo F-15J consegnato al Koku jieitai fu schierato nel 1981.
Gli Eagle giapponesi furono poi affiancati da un altro valido aereo, il Mitsubishi F-2, un cacciabombardiere derivato dal General Dynamics F-16. Il prototipo del Mitsubishi F-2 aveva volato il 7 ottobre 1995, e nonostante qualche ritardo, il primo lotto di aerei era stato consegnato nel 2002. La costruzione, basata sul modello F-16, aveva una fusoliera più lunga e ricoperta di materiale radar assorbente, e le superfici alari erano uno sviluppo innovativo con l'impiego di materiali compositi. Il cacciabombardiere F-2 ha un peso di circa 22 t, una velocità massima di 2200 km/h, una quota massima di 20000 m, e un carico fino a 9000 kg su 11 piloni esterni.
Infine l'aeronautica militare giapponese ebbe in dotazione, dall'11 marzo 1998, l'aereo radar all'epoca più moderno e avanzato: il Boeing E-767 AWACS. Quest'aereo poteva controllare un'area che andava dai 320 ai 500 km di raggio, con un'autonomia di 10370 km, garantendo il monitoraggio di un ampio spazio e coordinando l'attività dei caccia intercettori.
Questa è in breve la storia della JASDF (Japan Air Self Defense Force), la Koku jieitai, una forza militare erede di un'importante tradizione aeronautica che risente dei severi limiti imposti dalla politica, e per fortuna, non sembra costituire un potenziale aggressivo ma soltanto un deterrente difensivo.

sabato 9 gennaio 2010

Hatoyama Yukio e la Cina

Intervento pubblicato dal quotidiano "Il Secolo XIX". Cfr. C.M., Gli Stati Uniti non sono più il baricentro del mondo, in "Il Secolo XIX", giovedì 7 gennaio 2010, p.22.

Gli Stati Uniti non sono più il baricentro del mondo
Nella politica estera del premier giapponese Hatoyama Yukio, la Cina riveste un ruolo importantissimo. Infatti, il modo in cui i giapponesi guardano alla Cina è decisamente cambiato in questi ultimi anni. Si pensi soprattutto al fatto che l'export giapponese è attualmente orientato alla Cina, avendo superato quello diretto agli Stati Uniti. Il principale partner economico del Giappone non è più negli Stati Uniti, ma si trova nei paesi asiatici emergenti e nella Cina. Addirittura ci sono fenomeni di costume molto indicativi del cambiamento di clima, come l'aumento dei matrimoni misti fra cinesi e giapponesi, favorito anche dal crescente numero di facoltosi ricchi nel paese che può vantare i ritmi di crescita economica più elevati. Nel 2009 la Cina non ha subito la crisi avvertendo la recessione come le altre nazioni, ma si è limitata a un rallentamento della crescita che è rimasta comunque su livelli molto sostenuti. Il piano di stimoli economici della domanda interna e dei consumi ha funzionato perfettamente, e ciò non ha gravato particolarmente sul debito pubblico che si attesta intorno al 15% del Pil. Nel 2010 gli analisti prevedono una crescita del Pil cinese intorno al 9%, una cifra impressionante che conferma ancora la crescita sostenuta. Negli ultimi trent'anni, il tasso medio di crescita del Pil cinese è stato appunto del 9% circa. Ma il premier giapponese Hatoyama può guardare alla Cina anche per altre ragioni. Da tempo Hatoyama, così come il governo cinese, sostiene la necessità di staccarsi dal dollaro americano come valuta di riferimento internazionale, proponendo una moneta unica asiatica sul modello dell'euro utilizzato in Europa. Insomma, gli Stati uniti non sono più il centro del mondo, e in Asia molti politici cominciano a pensare che debbano prendere la situazione in mano, e dirigere le scelte sociali ed economiche che riguardano i loro paesi.
Cristiano Martorella