martedì 2 febbraio 2010

Le contraddizioni del capitalismo

Intervento pubblicato dal quotidiano "Il Secolo XIX".

Cfr. Cristiano Martorella, Il capitalismo è un sistema che si nutre di contraddizioni, in "Il Secolo XIX", lunedì 1 febbraio 2010, p.20.

Il capitalismo è un sistema che si nutre di contraddizioni
In questi anni, i problemi posti dalle economie asiatiche si sono acuiti, ponendo la sempre maggiore e crescente difficoltà di comprensione dei fenomeni. L'idea sostenuta in maniera semplicistica di uno sviluppo del capitalismo grazie alle virtù liberali della società cristiana occidentale, si è irrigidita grazie alla propaganda e al populismo dei movimenti politici. In questo modo la contraddizione più evidente, ossia la presenza della seconda potenza economica, la Cina, fondata su una mistura di capitalismo, comunismo e confucianesimo, non è stata mai presa seriamente in considerazione, e banalmente ridotta a una anomalia. Ciò che invece è falso, ossia l'idea che il capitalismo tragga la sua forza e le sue radici dal liberalismo e dal cristianesimo, viene mistificato e spacciato ideologicamente. Purtroppo il capitalismo è un sistema neutrale che si nutre di contraddizioni, e ha come unico scopo il rafforzamento di se stesso, indipendentemente dall'ideologia politica al potere. In questo modo si spiega perché i paesi dell'Estremo Oriente, come Cina e Giappone, possano adottare un sistema capitalistico senza mutare la struttura sociale. Ed è questo fenomeno che economisti e sociologi dovrebbero studiare, invece di cantare le lodi della società occidentale posta come modello indiscutibile di sviluppo.
Cristiano Martorella

lunedì 1 febbraio 2010

Il buddhismo e i miracoli

Articolo dedicato alla questione controversa dei miracoli nel buddhismo pubblicato dal blog Discutiamo del Giappone [discutiamodelgiappone.blogspot.com].

I miracoli e il buddhismo
di Cristiano Martorella

Il buddhismo non è una pratica religiosa che si realizza attraverso opinabili miracoli e risibili rituali magici. Anche se nella tradizione buddhista sono frequenti, specialmente nelle scuole di ispirazione Vajrayana (Veicolo del diamante), molti rituali esoterici, essi sono aspetti di un discorso più ampio che si inserisce nelle pratiche delle culture orientali. I seguaci del buddhismo, viceversa, sono invitati dai loro maestri a non farsi incantare da questi aspetti superficiali e non fondare la propria fede in discutibili poteri sovrannaturali, nella magia e nell'aspettativa in miracoli e prodigi. Il buddhista deve essere pienamente consapevole degli scopi e dei metodi della propria pratica religiosa, rifiutando ogni tipo di superstizione e credenza popolare che trasforma la fede in una stanca abitudine e in ripetitivi rituali.
Daisaku Ikeda, presidente della Soka Gakkai, è molto esplicito in proposito. Ecco, qui di seguito, come spiega la sua posizione.

"Il segreto e i mistici poteri del Tathagata non sono altro che l'ottenimento della buddità, come afferma Nichiren negli Insegnamenti orali. I poteri sovrannaturali non indicano poteri trascendenti. Nel Gosho Recitare il daimoku del Sutra del Loto leggiamo: Non si deve giudicare la validità di una religione in base ai poteri sovrannaturali od occulti acquisiti dai suoi seguaci. Inoltre Shakyamuni, rispondendo a una domanda del re Ajatashatru sulla differenza fra il buddismo e il brahmanesimo, dice: L'insegnamento del Budda ammonisce a non praticare discutibili incantesimi come accendere fuochi né a predire il futuro. Non esiste un segreto e un mistico potere più grande di quello di guidare tutti gli esseri alla buddità, a uno stato di perfetta felicità e realizzazione." [Cfr. Daisaku Ikeda, I capitoli Hoben e Juryo. Lezioni sui capitoli II e XVI del Sutra del Loto, Esperia Edizioni, Milano, 2005, p.109]

Daisaku Ikeda, appoggiandosi all'autorità del monaco Nichiren, e all'insegnamento dello stesso Buddha storico Shakyamuni, ribadisce, senza alcun dubbio, che lo scopo del buddhismo non è praticare incantesimi né ottenere miracoli. Ma egli non è certo l'unico personaggio di spicco che lo dice. Il Dalai Lama Tenzin Gyatso esprime con altre parole lo stesso concetto.

"Lo ripeto, lo scopo della pratica buddhista non è di ottenere poteri miracolosi, ma di trasformare il nostro essere. [...] Si può anche assimilare al creatore dell'universo la divinità illusoria sulla quale si medita, e pensare che se si ha fede in essa ci accorderà dei poteri, una vita lunga, la ricchezza e chissà che altro ancora. In questo caso non si mira allo scopo principale della pratica, che è di dominare il proprio spirito e di liberarsi dei veleni mentali, attribuendo invece grande importanza a questioni marginali." [Cfr. Dalai Lama, I consigli del cuore, Arnoldo Mondadori, Milano, 2002, p.167-168 ]

Molte religioni fondano la propria fede sulla credenza nell'esistenza di una divinità sovrannaturale capace di intervenire con prodigi e miracoli per cambiare la nostra vita. Non è così per il buddhismo. La pratica buddhista non ha lo scopo di ottenere poteri miracolosi. La vita stessa è un miracolo in sé. Viceversa, credere nei miracoli significa negare il valore prodigioso della vita nel suo aspetto naturale, ricercando nel sovrannaturale ciò che non si apprezza della nostra vita quotidiana.