domenica 18 ottobre 2009

Karisuma

Articolo sulle ragazze giapponesi del business pubblicato dal sito Nipponico.com.

Karisuma. Le ragazze carismatiche del business
di Cristiano Martorella

20 agosto 2003. Con il termine karisuma (carisma) si indicano le commesse dei negozi alla moda che dettano le tendenze consigliano e influenzando le clienti. Il termine "commesse" è limitativo, infatti le karisuma sono anche modelle fungendo da indossatrici per il vestiario e gli accessori, e dotate di discrete capacità artistiche intrattengono la clientela danzando. Inoltre forniscono un servizio di consulenza dettagliato introducendo il cliente alla scoperta delle mode più trendy e spiegando a loro modo le novità. Insomma, si potrebbero definire delle professioniste del look globale che non si fermano alla consueta commercializzazione dei prodotti, ma integrano spettacolo, servizi, informazioni e pubblicità.
Il termine giapponese karisuma è un gairaigo (parola d’origine straniera) preso dall’inglese carisma, a sua volta dal tardo latino carisma e adattamento del greco kharisma derivato di kharis (grazia). In conclusione l’origine etimologica indica qualcosa che affascina.
Il primo in Italia a scrivere delle ragazza karisuma fu Leonardo Martinelli che in un articolo (1) molto dettagliato fornì una descrizione che spesso rompeva con i consueti stereotipi della gioventù giapponese. Infatti, l’intervista con Usuki Kunie del centro Design-Festa! di Harajuku forniva un’osservazione realistica e disincantata delle mode giovanili nipponiche.

"Siamo a Harajuku, a breve distanza da Shibuya. […] Qui sono state scattate alcune delle foto dell’ormai storico catalogo Benetton curato da Oliviero Toscani sui giovani di Tokyo. «L’ho visto», sottolinea la signora [Usuki]. «Le foto sono interessanti, ma danno un’immagine superficiale della Tokyo giovane. Gli europei, sfogliandolo, vedono i look aggressivi e stravaganti di tanti ragazzi e credono forse a una generazione ribelle. E invece non è vero: è solo un look e per di più temporaneo. Passerà qualche anno e diventeranno persone "normali" come gli altri.» […]" (2)

Riguardo alle karisuma, Leonardo Martinelli rilevava lo sforzo di creare uno stile personale detto ego-make capace di adattarsi al singolo individuo caratterizzandolo. Perciò uno stile non ripetitivo ma creativo. Quindi le karisuma non sono solo commesse, piuttosto sono stiliste capaci di fiutare le tendenze e gli umori anticipando le mode. Una rincorsa alla personalizzazione dell’abbigliamento.
Per quanto ci riguarda, possiamo aggiungere un’analisi sociologica delle karisuma nel quadro dei nostri studi sulla cultura giovanile giapponese. Intendiamo perciò mettere in evidenza tre aspetti: 1) il legame fra cultura e commercio; 2) il concetto estetico di grazia; 3) l’organizzazione del lavoro. Questi tre aspetti sono subordinati allo sviluppo della società dei servizi e dell’informazione che in Giappone sta vedendo il superamento del modello capitalistico fondato sulla proprietà materiale dei mezzi di produzione. Si tratta di un superamento che nella sua transizione è percepito come crisi economica. Il processo di trasformazione del lavoro comporta una elaborazione intellettuale costituita dai servizi come appunto le creazioni della moda (fashion). Gli stilisti non vendono vestiti ma sogni da indossare. Qui si interseca l’aspettativa emotiva, fondata culturalmente da una condivisione sociale, con il commercio. La misurazione del valore dei beni non si può più fondare sul lavoro, metro del sistema industriale, ma viene sostituito da un valore globale fissato dal sistema sociale fortemente influenzato dai mezzi di comunicazione. Se già in passato commercio e cultura erano strettamente legati, adesso sono fusi in un’unica identità. Non si vendono soltanto merci ma idee e creazioni. L’economia diviene cultural-dipendente, ossia estremamente collegata alla cultura. Nel XXI secolo, a dispetto delle teorie sulla globalizzazione, è la diversificazione e il pluralismo a garantire il successo commerciale. Le karisuma sono così le profetesse dell’economia culturale di questo secolo.
Piuttosto che leggere questi cambiamenti con le categorie aberranti della storiografia di Michel Foucault che vedrebbero l’uomo moderno asservito in un sistema sociale autoritario e liberticida (3), bisogna considerare come l’uomo fuori dalla società perda il senso della sua identità. La società, oltre a imporre delle regole, permette all’uomo di trovare i mezzi di espressione e sussistenza che favoriscono la sua realizzazione come persona. La società stessa è lo spazio vitale dove l’uomo si esprime. Secondo Foucault il concetto di uomo è un’invenzione recente che appartiene alla società moderna. Ma riportare continuamente l’individuo alle determinazioni sociali eliminando la singolarità e descrivendolo tramite negazioni e opposizioni significa ignorare la natura irriducibile dell’individuo. Ciò non è corretto in un ambito sociologico obiettivo che consideri l’individuo come un protagonista e non come una vittima impotente del sistema sociale. Perciò le interpretazioni della cultura giovanile che si rifanno a Foucault peccano di un pericoloso riduzionismo presentando un quadro aberrante della società nipponica considerata come oppressiva, costrittiva e autoritaria (4).
Le karisuma non sarebbero perciò dei soldatini delle aziende asservite al sistema, piuttosto persone capaci di trovare nuove risorse per il commercio proponendo qualcosa che nasce dalla loro fantasia. A ciò si aggiunge l’influenza del concetto giapponese di grazia (iki) già analizzato dal filosofo Kuki Shuzo. Egli ritiene che l’essere grazioso sia un modo di vivere (ikikata) peculiare dei giapponesi.

"L’iki […] è seduzione che ad opera del destino ha raggiunto la «rinuncia» e vive (ikiru) nella libertà dell’«energia spirituale». Ma solo quella nazione che serbi uno sguardo lucido sul destino e sia animata da una struggente aspirazione alla libertà spirituale può far assumere alla seduzione il modo iki" (5)

L’iki è seduzione, spirito vitale e distacco. Queste stesse caratteristiche si ritrovano nell’ideale di graziosità contemporaneo che molti autori hanno chiamato "ideologia kawaii". Le karisuma riprendono infatti questi elementi. Esse sono vitali sprizzando energia, mostrano distacco senza attaccarsi a uno stile preciso ma modulando una fusione di gusti, esprimono fascino e seduzione con un pizzico di erotismo. Ma l’interpretazione della cosiddetta cultura kawaii, di cui le karisuma sono protagoniste, ha peccato di superficialità descrivendo la cultura giovanile come un movimento ribelle e contestatario. Ciò è assolutamente fuorviante e costituisce una banalizzazione che mostra l’imprecisione di alcuni studiosi nel condurre le loro ricerche. Ciò che è diverso non è necessariamente opposto e contrario a qualcosa. Ciò che è diverso non è perciò "perverso".
Le karisuma fanno parte del sistema commerciale giapponese, non sono però da considerare asservite e succubi dell’organizzazione lavorativa. In realtà stanno contribuendo, anche se inconsapevolmente, alla costruzione di un’alternativa economica creando esse stesse una nuova fruizione dei beni e dei servizi (6).

Note

1. Cfr. Martinelli, Leonardo, Harajuku: questa pazza, pazza Tokyo…, in "Gulliver", n.3, anno IX, marzo 2001, pp.50-78.
2. Ibidem, pp.61-65.
3. Franco Crespi ha puntualmente criticato Michel Foucault per i suoi eccessi. Cfr. Crespi, Franco, Foucault o il rifiuto della determinazione, in "Aut Aut", n.170/171, 1979, pp.104-108. Fra le numerose opere di Michel Foucault si veda: Microfisica del potere, Einaudi, Torino, 1977; La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano, 1978.
4. Un’analisi seria del potere politico e dei rapporti con i media è stata condotta da Marco Del Bene. Cfr. Del Bene, Marco, Società, potere e mezzi di comunicazione di massa in Giappone, Atti del XXV Convegno di Studi sul Giappone, Cartotecnica Veneziana Editrice, Venezia, 2002. Il Giappone ha conosciuto le vessazioni del bieco militarismo del Novecento, così come altri paesi hanno subito le angherie del totalitarismo fascista e comunista. Però questo periodo storico non può essere esteso a tutta la società e a ogni epoca.
5. Cfr. Kuki, Shuzo, La struttura dell’iki, Adelphi, Milano, 1992, pp.134-135.
6. Vorremmo ricordare, prima di concludere, come siamo stati fra i primi in Italia a segnalare e discutere la novità costituita dalle mode giapponesi. Cfr. Martorella, Cristiano, La rivoluzione invisibile, in "Sushi", n.3, ottobre 1996.

Bibliografia

Del Bene, Marco, Società, potere e mezzi di comunicazione di massa in Giappone, Atti del XXV Convegno di Studi sul Giappone, Cartotecnica Veneziana Editrice, Venezia, 2002.
Hoshino, Katsumi e Okamoto, Keiichi e Inamasu, Tatsuo, Kigoka shakai no shoni, Horuto Saundasu Japan, Tokyo, 1985.
Martinelli, Leonardo, Harajuku: questa pazza, pazza Tokyo…, in "Gulliver", n.3, anno IX, marzo 2001.
Martorella, Cristiano, La rivoluzione invisibile, in "Sushi", n.3, ottobre 1996.
Murakami, Ryu, Ano kane de nani ga kaeta ka. Bubble Fantasy. Shogakukan, Tokyo, 1999.
Ono, Yoshiyasu, Keiki to keizai seikaku, Iwanami shoten, Tokyo, 1998.
Ravasio, Manuela, New Tokyo life style, in "Gulliver", n.3, anno X, marzo 2002.
Ueda, Atsushi. Electric Geisha. Tra cultura pop e tradizione in Giappone, Feltrinelli, Milano, 1996.