Articolo sulla fiaba di Urashima Taro pubblicata dal sito Nipponico.com.
La concezione del tempo in Urashima
di Cristiano Martorella
10 luglio 2001. La storia del pescatore Urashima è ormai divenuta una delle fiabe giapponesi più rappresentative, anche se, come vedremo, le sue origini sono alquanto stratificate ed elaborate. Ma ricordiamo innanzitutto la vicenda della fiaba in una delle tante versioni.
Il pescatore Urashima trova una tartaruga e le salva la vita. La tartaruga si trasforma in una bella principessa che lo trasporta negli abissi del mare, fino al regno incantato Tokoyo no kuni. Così Urashima trascorre anni felici con la ragazza nella lussuosa reggia. Ma sentendo nostalgia di casa decide di ritornare. La principessa gli dona uno scrigno con l'impegno di non aprirlo.
Quando Urashima ritorna al suo villaggio scopre che i suoi amici e parenti sono tutti spariti. Allora decide di aprire la scatola, ma la scelta gli è fatale. Esce un fumo bianco ed egli si ritrova vecchissimo. I tre anni trascorsi in fondo al mare equivalevano a trecento anni sulla terra. Aprendo la scatola egli aveva liberato il tempo trascorso che era stato intrappolato e fermato.
Prima delle analisi e riflessioni sulla vicenda, qualche doveroso cenno filologico. Si può dire che Urashima faccia parte del genere otogibanashi (fiaba o breve racconto per passatempo) anche se era già esposto nel Tango fudoki, nel Nihon shoki (anche detto Nihongi) e perfino nel Man'yoshu, indicando le sue antiche origini.
Attualmente, la storia del pescatore Urashima Taro fa pienamente parte del repertorio di fiabe destinato ai bambini. Ma non è superfluo ricordare come questa fiaba sia d'origine cinese o continentale. Sembrano fondate, ad esempio, le ipotesi che suggeriscono elaborazioni e modifiche da parte di intellettuali giapponesi versati nelle arti cinesi fino ad ottenere la storia che dunque non sarebbe autoctona.
La fiaba ha interessato gli studiosi italiani, in particolare Maria Luisa Valenti Ronco che ne ha realizzato una propria versione (1).
In un articolo per "LG Argomenti", la più autorevole rivista italiana di letteratura giovanile, ella ne traccia i motivi fondamentali:
"La leggenda del piccolo pescatore Urashima, certamente la più antica perché appare già nell'anno 478 durante il regno dell'Imperatore Yuryaku, ha come tema la pietà filiale, l'amore verso la famiglia e il proprio paese perché come dice l'hanka che la conclude: "Egli vivere avrìa potuto felice nel regno dell'eternità ma come spada avea acuti i sentimenti in cuore e sciocco egli fu" (Nihongi IX,1741). Questa leggenda era scritta in versi e la fuga nel tempo del protagonista, il suo ritorno alla vita mortale fanno pensare a un rito d'iniziazione così traumatico che la realtà lo uccide." (2)
Piuttosto che le interpretazioni letterarie, è interessante osservare il contenuto astratto e concettuale, concentrando l'attenzione su un aspetto considerevole. La fiaba di Urashima introduce il concetto di relatività (3) concependo due luoghi diversi (la terra e il regno nel fondo del mare) dove il tempo scorre con ritmi diversi.
Il presupposto fisico è che i due mondi abbiano sistemi di riferimento diversi. Ciò mette in discussione il sincronismo degli eventi. Le misure degli intervalli temporali e le distanze spaziali divengono quantità relative dipendenti dal sistema di riferimento inerziale in cui ci si ponga.
In un sistema di riferimento che si muova più velocemente rispetto a quello di origine, assistiamo a una contrazione delle lunghezze e a una dilatazione del tempo. Nella fiaba di Urashima ritroviamo questi elementi: lo spazio per raggiungere il regno negli abissi sembra breve e il tempo non trascorrere mai. Accade invece che nel regno negli abissi ogni cosa scorra più veloce e tre anni corrispondano a trecento anni terrestri.
Ovviamente nella fiaba non c'è nessuna formulazione teorica e formalizzazione matematica del principio di relatività. Eppure questa concezione è presente grazie all'intuizione. L'immagine fisica è la proiezione di un'immagine psicologica.
Il tempo trascorre più veloce nella gioia e piacevolezza, passando senza che ce ne accorgiamo, finché non apriamo la scatola della coscienza e diventiamo consapevoli.
Note
1. Valenti Ronco, Maria Luisa, Fiabe e leggende giapponesi, Edizioni Primavera, Firenze, 1989.
2. Valenti Ronco, Maria Luisa, Fiaba e leggenda: analisi critica dei due generi letterari con particolare attenzione alle leggende giapponesi, in "LG Argomenti", n. 2, anno XXIX, aprile-giugno 1993, p. 36.
3. Per una conoscenza scientifica del principio di relatività si consulti: C. Mencuccini, e V. Silvestrini, Fisica I, Liguori, Napoli, 1987. Per una esposizione divulgativa dell'argomento: Albert Einstein, La relatività, Newton Compton, Roma, 1970.
Bibliografia
Forti, Umberto, Storia della scienza nei suoi rapporti con la filosofia, le religioni, la società, Editore dall'Oglio, Milano, 1969.
Magnino, Leo, Storia della letteratura giapponese, Nuova Accademia Editrice, Milano, 1957.
Orsi, Maria Teresa, Fiabe giapponesi. Einaudi, Torino, 1998.
Ozawa, Toshio, Fiabe giapponesi, Arnoldo Mondadori, Milano, 1992.
Ozawa, Toshio, Mukashibanashi nyumon, Gyosei, Tokyo, 1997.
Ozawa, Toshio, Mukashibanashi no kosumorojii, Kodansha, Tokyo, 1994.
Sagiyama, Ikuko, Antologia della poesia giapponese classica, CUEN, Napoli, 1984.
Tyler, Royall, Demoni e mostri del Giappone, Arcana Editrice, Milano, 1988.
Valenti Ronco, Maria Luisa, Fiabe e leggende giapponesi, Edizioni Primavera, Firenze, 1989.